
© Catacombe San Sebastiano 2023

L'articolo esamina il problema dell'ultima scultura eseguita da Bernini alla luce delle scoperte più recenti. Il busto del Cristo benedicente, o Salvator Mundi, fu scolpito dall'artista ottuagenario nel 1679 e alla sua morte (1680) fu lasciato in eredità alla regina Cristina di Svezia; questa a sua volta lo lasciò a papa Innocenzo XI Odescalchi, la cui famiglia mantenne l'opera fino alla fine del XVIII secolo, quando se ne perse ogni traccia. Basandosi sul disegno preparatorio conservato presso l'Istituto Nazionale per la Grafica (F.C. 127528) a Roma, negli ultimi trent'anni gli storici dell'arte hanno cercato di rintracciare l'originale perduto di Bernini. Inizialmente (1972) identificato nella versione oggi conservata al Chrysler Museum di Norfolk (Virginia), il busto fu successivamente (1999) ritenuto essere quello nella cattedrale di Sées in Normandia (Francia). Quest'ultimo è di qualità superiore rispetto alla versione del Chrysler Museum, ma sia il tipo di marmo utilizzato sia le caratteristiche stilistiche del Salvator Mundi di Sées mostrano che si tratta dell'opera di uno scultore francese, che interpretò liberamente il modello creato da Bernini in uno stile più classico. Solo nel 2001, in occasione di ricerche condotte per la mostra sul papa Albani, Clemente XI, e le arti (Urbino-Roma), fu segnalato un busto del "Salvatore" nel convento adiacente alla Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, fino ad allora sconosciuto alla letteratura. Questa ammirevole scultura presenta le caratteristiche barocche peculiari dello stile tardo di Bernini, e corrisponde pienamente alle prime descrizioni del busto, sia nelle dimensioni ("mezza figura maggiore del naturale") sia nel materiale del piedistallo, in diaspro siciliano. Può quindi essere considerato l'originale di Bernini, tanto a lungo cercato invano. Quanto alla sua provenienza, anche se la documentazione sulla Basilica di San Sebastiano dal XIX secolo ad oggi è frammentaria, è certo che prima del 1960 il busto si trovava nella sacrestia della Cappella Albani e non nel convento. Un importante elemento documentario che suggerisce il motivo per cui possa essere finito lì è fornito da un inventario di Palazzo Albani a Roma risalente al 1851 circa, che cita un busto del Salvatore, che per dimensioni e materiale sembra essere quello di Bernini. I stretti legami di parentela tra le famiglie papali romane potrebbero spiegare il trasferimento del busto da Palazzo Odescalchi a Palazzo Albani. In tal caso, sarebbero stati gli eredi della famiglia Albani, il cui ultimo discendente morì nel 1852, a destinare il busto alla sacrestia della cappella funeraria della famiglia in San Sebastiano fuori le Mura, dove rimase fino al trasferimento nel convento adiacente.
FRANCESCO PETRUCCI: IL RITROVATO BUSTO DEL SALVATORE DI GIAN LORENZO BERNINI (ESTRATTO DAL FASC. 124 bollettino d'Arte)

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